Force majeure e hardship nel commercio internazionale

L’impatto della pandemia da Covid-19 sulla capacità di adempiere alle obbligazioni assunte relativamente a scambi e commercio internazionale. “Impossibilità della prestazione” ed “eccessiva onerosità” sono lo specchio domestico di nozioni molto diffuse negli ordinamenti giuridici stranieri, generalmente note con il nome di “force majeure” e di “hardship”. Il confronto tra i principi Unidroit, Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di beni (“CISG”) e ICC clauses.
 
SOMMARIO
 
1. FORCE MAJEURE (cenni all’esperienza di common law e alla dottrina della frustration of contract)
2. CLAUSOLE DI FORZA MAGGIORE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE (FORCE MAJEURE CLAUSES)
3. I TRE PUNTI PRINCIPALI DELLA “FORCE MAJEUR” NEGLI ACCORDI DI SCAMBI INTERNAZIONALI
4. HARDSHIP
5. I CINQUE PUNTI CHIAVE DELL’ “HARDSHIP” NEGLI ACCORDI DI SCAMBI INTERNAZIONALI
6. CONCLUSIONI
7. RAPPORTI CONTRATTUALI INTERNAZIONALI PROSPETTIVE FUTURE POST COVID-19
Forse mai come in questi tempi hanno conquistato la ribalta quelle figure impiegate per definire i confini entro i quali eventi sopravvenuti, di portata eccezionale ed imprevedibili al tempo della conclusione del contratto, siano idonei ad esonerare la parte inadempiente da responsabilità o a legittimare sue iniziative volte alla rinegoziazione delle intese o, nei casi più gravi, allo scioglimento del rapporto.
 
Queste figure, nell’ordinamento giuridico italiano, prendono il nome di impossibilità sopravvenuta della prestazione (v. artt. 1256, 1258, 1463 e 1464 c.c.) o di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione (v. art. 1467 c.c.). Esse sono lo specchio domestico di nozioni molto diffuse negli ordinamenti giuridici stranieri, generalmente note con il nome di force majeure e di hardship.
 
A tali ultimi concetti è dedicato questo approfondimento.  
 
1. FORCE MAJEURE (cenni all’esperienza di common law e alla dottrina della frustration of contract)
 
Il concetto di forza maggiore varia nelle diverse giurisdizioni o, meglio ancora, varia l’accezione in cui esso è inteso. Difetta una nozione generale di forza maggiore (per quanto vi siano ordinamenti giuridici che danno una definizione della forza maggiore: si veda, ad esempio, l’art. 1218 del code civil francese ), mentre, ad essere oggetto di individuazione, in via di diritto positivo (negli ordinamenti di civil law) o di case law (negli ordinamenti di common law), sono le caratteristiche che gli eventi sopravvenuti devono presentare per poter essere ritenuti idonei a liberare da responsabilità la parte inadempiente o a giustificare azioni in vista di una ridefinizione delle intese o dello scioglimento del rapporto.
 
2. CLAUSOLE DI FORZA MAGGIORE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE (FORCE MAJEURE CLAUSES)
 
Va, altresì, detto che la prassi del commercio internazionale vede assai di frequente l’inserimento, tra le pattuizioni contrattuali, delle c.d. force majeure clauses (FMC). Tali clausole presentano normalmente l’elencazione degli eventi dalle parti ritenuti idonei a configurare la causa di forza maggiore (sarà importante stabilire, di volta in volta, se costituenti ipotesi tassative o mere esemplificazioni) e la previsione dei connessi rimedi e delle modalità e dei termini di notifica dell’evento ad opera della parte il cui adempimento è impedito. Sono evidenti i vantaggi connessi all’uso consapevole ed appropriato delle FMC poiché esse consentono di superare le zone d’ombra e le difficoltà spesso riscontrabili, soprattutto in tema di onere della prova, nel ricorso alla forza maggiore. Non è possibile, come detto, isolare una definizione di forza maggiore valida a qualunque latitudine e sarà dunque sempre di centrale importanza anche verificare, nell’ambito dei rapporti internazionali, se il contratto contenga una choice of law clause. Al netto di ciò, vi sono alcuni paradigmi di riferimento dei quali è opportuno dare atto. 
 
PRINCIPI UNIDROIT

Il primo tra questi è senz’altro individuabile nell’art. 7.1.7 dei Principi Unidroit, i quali enunciano regole generali in materia di contratti commerciali internazionali, a cui ricorrere quando le parti lo abbiano espressamente previsto in contratto o, in assenza di tale espressa manifestazione di volontà, in via interpretativa-integrativa in quanto espressione della lex mercatoria. 
L’ Art. 7.1.7 dei Principi Unidroit, nelle quattro subsections di cui è composto, dispone che:
 
la parte inadempiente è esonerata da responsabilità se prova che l’inadempimento è dipeso da un impedimento derivante da circostanze estranee alla sua sfera di controllo e che non era ragionevolmente tenuta a prevedere al momento della conclusione del contratto o ad evitare o superare l’impedimento stesso e le sue conseguenze;
 
– se l’impedimento è temporaneo, l’esonero da responsabilità è limitato al lasso di tempo che appare ragionevole, avuto riguardo all’effetto dell’impedimento sull’esecuzione del contratto; – la parte inadempiente deve dare all’altra parte avviso dell’impedimento e degli effetti di quest’ultimo sulla capacità di adempiere. Se l’avviso non è ricevuto dall’altra parte entro un lasso di tempo ragionevole, la parte inadempiente è responsabile dei danni derivanti dalla mancata ricezione;
 
– le parti conservano il diritto di risolvere il contratto, di sospendere la prestazione o di richiedere gli interessi sulle somme di denaro dovute.  
 
CONVENZIONE DI VIENNA SULLA VENDITA INTERNAZIONALE DI BENI (CISG)
 
Altro importante paradigma di riferimento è da individuarsi nell’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni (The United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods, “CISG”), la quale è applicabile, salva espressa esclusione ad opera delle parti, ai contratti di vendita internazionale tra soggetti residenti in paesi che l’abbiano ratificata o qualora il contratto, ai sensi delle disposizioni di diritto internazionale privato, debba essere disciplinato dalla legge di un paese che l’abbia ratificata.
 
L’art. 79 CISG consta di cinque paragraphs, i quali dispongono che:
 
– una parte non è responsabile dell’inadempimento di una propria obbligazione se prova che l’inadempimento è dipeso da un impedimento estraneo alla propria sfera di controllo e che non era ragionevole attendersi che fosse preso in considerazione al momento della conclusione del contratto o che potesse impedirlo o superarlo o impedirne o superarne le conseguenze;
– se l’inadempimento è dovuto all’inadempimento di una terza parte incaricata di adempiere tutto o parte del contratto, la parte che ha dato l’incarico è esonerata da responsabilità solo se:
(a) egli è esente da responsabilità ai sensi del paragraph (1);
(b) il terzo sarebbe esente da responsabilità se le previsioni di quel paragraph gli si applicassero;
 
– l’esenzione da responsabilità ha effetto per il solo periodo durante cui l’impedimento esiste;
 
– la parte inadempiente è onerata di dare notizia all’altra parte dell’impedimento e dei suoi effetti sulla sua capacità di adempiere. Se la notizia non è ricevuta dall’altra parte entro un ragionevole periodo di tempo da quando la parte interessata dall’impedimento ne ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto averne conoscenza, egli è responsabile per i danni derivanti da tale omessa ricezione;
 
– alle parti resta comunque consentito di esercitare diritti ulteriori oltre a quello di agire per il risarcimento dei danni ai sensi della CISG.   
 
INTERNATIONAL CHAMBER OF COMMERCE (ICC)
 
L’International Chamber of Commerce (“ICC”) ha appena rilasciato una revisione della propria FMC, con l’elaborazione di una doppia versione della clausola, pubblicata in una long form ed in una short form.
 
La long form clause, secondo le istruzioni della stessa ICC, può essere incorporata nel contratto per relationem, in forza di rinvio esplicito ad essa. La short form, invece, è più adatta, per le proprie ridotte dimensioni, ad essere interamente riprodotta nel testo negoziale.
 
La peculiarità della ICC force majeure clause – va detto che essa può anche essere utilizzata dalle parti come modello su cui costruire una soluzione più attagliata alle esigenze del caso concreto – sta nel fatto che essa contiene una generale definizione di forza maggiore, oltre alla elencazione di una serie di eventi idonei ad integrare la forza maggiore in quanto presumibilmente fuori dal controllo della parte e non prevedibili al momento della conclusione del contratto.
 
La long form clause consta di nove paragraphs e:
 
– definisce la forza maggiore come il verificarsi di un evento o di una circostanza che impedisce ad una parte di adempiere una o più delle proprie obbligazioni contrattuali, se e nella misura in cui la parte colpita dall’evento prova:
(a) che questo impedimento è fuori dal proprio ragionevole controllo;
(b) che non poteva essere ragionevolmente previsto al momento della conclusione del contratto;
(c) che le conseguenze dell’impedimento non potevano essere ragionevolmente evitate o superate dalla parte colpita dall’impedimento.
 
– stabilisce che, se l’inadempimento di una parte del contratto dipende dall’inadempimento di una terza parte a cui essa abbia affidato l’esecuzione di tutte le proprie obbligazioni contrattuali o di parte di esse, la parte del contratto può invocare la forza maggiore nella misura in cui i requisiti stabiliti al paragraph (1) sono stabiliti sia per la parte del contratto che per il terzo;
 
– elenca una lista di eventi che si presumono integrare, salvo prova contraria, le condizioni di cui alle lett. (a) e (b) del paragraph (1), rimanendo a carico della parte colpita dall’impedimento l’onere della prova della sola condizione di cui alla lettera (c).
 
Tra questi eventi riporta – ad esempio – i provvedimenti delle autorità pubbliche (c.d. factum principis) e anche le epidemie;
 
– stabilisce che la parte colpita dall’impedimento deve darne notizia all’altra parte senza ritardo; – prevede che la parte colpita dall’impedimento è esonerata dall’obbligo di adempiere alle proprie obbligazioni contrattuali e da ogni responsabilità per danni o da ogni altro rimedio contrattuale per violazione del contratto, dal momento in cui l’impedimento ha causato l’incapacità di adempiere, purché ne abbia dato notizia senza ritardo. Se la notizia non è data senza ritardo, l’esonero è effettivo dal momento in cui la notizia dell’impedimento raggiunge l’altra parte. La controparte, se ciò è appropriato in relazione alla natura del contratto e dell’obbligazione, può sospendere l’esecuzione della propria obbligazione dal momento in cui riceve la notizia dell’impedimento;
 
– prevede che, se l’impedimento è temporaneo, le previsioni di cui al paragraph (5) operano limitatamente al periodo di tempo in cui l’impedimento persiste. La parte interessata dall’impedimento è onerata di comunicare senza ritardo alla controparte la cessazione dell’impedimento; 
 
 pone in capo alla parte colpita dall’impedimento il dovere di mitigarne gli effetti sull’adempimento del contratto; – stabilisce che, se la durata dell’impedimento è tale da privare le parti di ciò che esse potevano ragionevolmente attendere dall’esecuzione del contratto, ciascuna parte può risolvere il contratto dandone notizia all’altra parte entro un ragionevole periodo di tempo. Se non diversamente pattuito, il contratto può essere risolto da una delle parti se la durata dell’impedimento eccede 120 giorni;
 
– dispone che, in caso di risoluzione del contratto, quando una parte ha ottenuto un arricchimento da quanto fatto dalla controparte nell’esecuzione del contratto, essa è tenuta a corrispondere una somma di denaro corrispondente al valore dell’arricchimento conseguito. 
 
3.I TRE PUNTI PRINCIPALI DELLA “FORCE MAJEUR” NEGLI ACCORDI DI SCAMBI INTERNAZIONALI 
 
Dall’esame dell’art. 7.1.7 dei Principi Unidroit, dell’art. 79 CISG e dalla long form ICC force majeure clause è, dunque, possibile ricavare una nozione generale di forza maggiore a livello di scambi internazionali. Essa consiste sostanzialmente:
 
1. in un impedimento sopravvenuto ed estraneo alla sfera di controllo della parte;
2. non ragionevolmente prevedibile dalla parte al momento della conclusione del contratto;
3. di cui non ci si poteva ragionevolmente attendere che la parte prevedesse le conseguenze o che le potesse superare.
 
E’ anche possibile far emergere un generale onere per la parte colpita dall’impedimento di darne comunicazione alla controparte entro un ragionevole periodo di tempo e, comunque, di adoperarsi per contenerne gli effetti.
 
Questa nozione generale di forza maggiore deve essere sempre coordinata con quanto le parti, in forza della loro autonomia, hanno stabilito nel contratto in apposita FMC in punto, ad esempio, di elencazione (tassativa o esemplificativa) degli eventi idonei ad integrare la force majeure, di termini e modalità di denuncia alla controparte dell’impedimento, di effetti sul contratto.
 
Essa, come già detto, deve anche essere sempre letta alla luce di quanto dispone la legge eventualmente chiamata a regolare il contratto. Occorre anche riferire di come, nell’ambito degli ordinamenti di common law, le corti siano autrici di un’interpretazione assai restrittiva del concetto di forza maggiore, riconosciuta come possibile causa di esenzione da responsabilità della parte inadempiente solo in presenza di un’espressa FMC inserita in contratto (il più delle volte accompagnata da una lista di eventi) e alle condizioni e con gli effetti previsti nella stessa FMC. Ciò pone, soprattutto nell’ambito di quegli ordinamenti, un forte accento sull’importanza del wording delle FMC. Sempre per rimanere all’esperienza anglosassone, in assenza di un’espressa FMC, resterà invocabile la dottrina della frustration of contact, a cui è possibile ricorrere per ottenere lo scioglimento del contratto quando un evento sopravvenuto, estraneo alla sfera di controllo della parte e da essa imprevedibile, abbia reso impossibile o radicalmente diversa una prestazione fondamentale.
 
La frustration, oggetto – va detto – di un’applicazione assai restrittiva da parte delle Corti adite, determina lo scioglimento del rapporto contrattuale, a differenza della forza maggiore, che, invece, può essere determinativa, a seconda dei casi, di una sospensione nell’esecuzione dell’obbligazione, di un esonero da responsabilità per il ritardo, o, nelle ipotesi più gravi, di risoluzione del contratto. 
 
4. HARDSHIP
 
L’hardship trova applicazione, nei rapporti internazionali, in presenza di un mutamento delle circostanze che, pur non rendendo impossibile l’esecuzione del contratto, ne determini una maggiore onerosità.
 
La regola generale è nel senso che una maggiore onerosità della prestazione non è di per sé idonea ad esonerare la parte dall’adempimento della propria obbligazione, a meno che essa non incida in misura rilevante sull’equilibrio originario del contratto e purché ricorrano determinate condizioni.
 
L’accezione in cui l’hardship è intesa varia nei diversi ordinamenti giuridici, così come variano le conseguenze che vengono connesse al verificarsi di tali situazioni (alcuni ordinamenti giuridici assegnano alla parte svantaggiata il diritto ad agire per la risoluzione del contratto, mentre altri quello di chiedere una rinegoziazione degli accordi).
 
In tale contesto di estrema eterogeneità, è possibile individuare, con riferimento ai rapporti internazionali, alcuni parametri che consentono di fissare una nozione di hardship il più possibile unitaria.
 
PRINCIPI UNIDROIT
 
Il primo tra questi è, senz’altro, riscontrabile negli artt. 6.2.2 e 6.2.3 dei Principi Unidroit. L’ Art. 6.2.2. definisce l’hardship e dispone che essa ricorre quando si verifichino eventi che determinino una sostanziale alterazione dell’equilibrio del contratto, o per l’accrescimento dei costi della prestazione di una delle parti, o per la diminuzione del valore della controprestazione, e che siano:
 
(a) sopravvenuti alla conclusione del contratto;
(b) non ragionevolmente prevedibili dalla parte svantaggiata, o ad essa ragionevolmente non noti, al momento della conclusione del contratto;
(c) estranei alla sfera di controllo della parte svantaggiata;
(d) estranei alla sfera del rischio assunto dalla parte svantaggiata (previsione sostanzialmente assimilabile all’art. 1469 c.c., che esclude l’applicazione delle norme sull’eccessiva onerosità della prestazione ai contratti aleatori, per loro natura o per volontà delle parti).
 
L’ art. 6.2.3 regola gli effetti dell’hardship e stabilisce che il verificarsi degli eventi di cui all’art. 6.2.2 dà diritto alla parte svantaggiata di chiedere la rinegoziazione del contratto, mentre non gli dà il diritto di sospenderne l’esecuzione.
L’articolo in esame dispone, altresì, che la richiesta di rinegoziazione deve essere avanzata senza ingiustificato ritardo e che deve indicare i motivi su cui essa si fonda: una richiesta di rinegoziazione tardiva o non motivata non pregiudica il diritto alla rinegoziazione, ma può avere effetti negativi sull’accertamento in concreto dell’hardship e sui connessi effetti.
 
In caso di mancato accordo entro un ragionevole termine, l’articolo prevede che ciascuna parte può rivolgersi al giudice (o all’arbitro, in presenza di una convenzione di arbitrato), il quale, se accerta la ricorrenza dell’hardship, può, a seconda del caso:
 
(a) risolvere il contratto in tempi e modi di volta in volta da stabilire;
(b) modificare il contratto per ripristinarne l’originario equilibrio. Ciò non toglie che il giudice, non ritenendo adeguata alcuna delle soluzioni sub (a) e (b), possa invitare le parti a riprendere i contatti per la rinegoziazione degli accordi. 
 
INTERNATIONAL CHAMBER OF COMMERCE (ICC)
 
Altro importante paradigma per la definizione dell’hardship nei rapporti internazionali è individuabile nella ICC hardship clause, di cui pure è stata appena rilasciata una versione aggiornata.
 
Tale clausola modello stabilisce che una parte del contratto resta obbligata dell’adempimento anche se si siano verificati eventi che abbiano reso l’adempimento dell’obbligazione più oneroso di quanto ragionevolmente prevedibile al momento della conclusione del contratto. Tuttavia, se una parte del contratto prova (i) che l’adempimento dell’obbligazione è diventato eccessivamente oneroso per il verificarsi di un evento fuori dalla propria sfera di controllo che non era ragionevolmente prevedibile al momento della conclusione; e (ii) che tale evento o le sue conseguenze non potevano essere ragionevolmente evitati o superati; le parti sono tenute, entro un ragionevole termine, a rinegoziare le intese per superare gli effetti dell’evento.
 
Uno dei problemi più rilevanti è quello connesso agli effetti del mancato accordo tra le parti, soprattutto rispetto alla possibilità che le stesse affidino ad un terzo (giudice o arbitro) l’adattamento del contratto per ristabilirne l’originario equilibrio. La ICC hardship clause affronta questo problema e prevede tre diverse soluzioni, applicabili alternativamente a seconda della scelta operata dalle parti al momento della conclusione del contratto.
 
Per cui, in caso di mancato accordo tra di esse per la rinegoziazione, la clausola di hardship potrà in via alternativa prevedere:
 
(a) il diritto della parte svantaggiata di risolvere il contratto;
(b) il diritto di ciascuna parte di chiedere al giudice o all’arbitro di adattare il contenuto del contratto alle mutate circostanze o di risolverlo;
(c) il diritto di ciascuna parte di chiedere al giudice o all’arbitro di risolvere il contratto.  
 
5. I CINQUE PUNTI CHIAVE DELL’ “HARDSHIP” NEGLI ACCORDI DI SCAMBI INTERNAZIONALI 
 
il rinvio espresso agli artt. 6.2.1, 6.2.2 e 6.2.3 dei Principi Unidroit o l’inserimento in contratto della ICC hardship clause, possibilmente adattata alle peculiarità del caso di specie, è senz’altro utile ad assicurare un governo dell’hardship conforme agli standard del commercio internazionale.
 
Tuttavia, pure in assenza di una apposita clausola di hardship (circostanza, comunque, assai rara nella prassi), è possibile ricavare una nozione sostanzialmente unitaria di hardship rispetto ai rapporti internazionali ed una definizione unitaria degli effetti ad essa connessi.
 
Essa ricorre quando si verifichino eventi:
(1) che determinino una sostanziale alterazione dell’equilibrio del contratto per un incremento del valore della prestazione o una riduzione del valore della controprestazione;
(2) che siano estranei alla sfera di controllo della parte svantaggiata;
(3) che non erano ragionevolmente prevedibili dalla parte svantaggiata al momento della conclusione del contratto;
(4) il cui verificarsi o i cui effetti non potevano essere ragionevolmente evitati o superati dalla parte svantaggiata;
(5) di cui la parte svantaggiata non abbia assunto il rischio al momento della conclusione del contratto.
 
Circa gli effetti, l’hardship impegna innanzitutto le parti a rinegoziare le intese in modo tale da ripristinare l’originario equilibrio del contratto e, solo in mancanza di un tale accordo, assegna, a seconda dei casi, alla parte svantaggiata il diritto di risolvere il contratto o a ciascuna parte di chiedere l’intervento del giudice o dell’arbitro per l’adattamento del contratto o la sua risoluzione.
 
Inoltre, come per la forza maggiore, anche per l’hardship rileva che la parte interessata ne dia pronta comunicazione alla controparte, specificando l’evento da cui è derivato l’impedimento. 
 
6. CONCLUSIONI
 
La pandemia da COVID-19 e, soprattutto, le conseguenti misure di contenimento e confinamento adottate dai singoli Stati (con divieti e limitazioni vari alla circolazione di persone e merci) possono astrattamente configurare, anche nell’ambito dei rapporti internazionali, un’ipotesi di forza maggiore o di hardship, a seconda che la loro incidenza sul contratto si manifesti in termini di impossibilità della prestazione o di sua eccessiva onerosità.
 
Resta fermo, però, che la parte colpita dall’evento è gravata dall’onere di provare la ricorrenza delle condizioni necessarie per integrare la force majeure o l’hardship e del nesso di causalità tra l’evento e l’impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione.
 
E’ chiaro che l’assolvimento di tale onere sarà tanto più semplice quanto più il contratto rechi – a seconda dei casi – una FMC o una clausola di hardship ben redatte, che contemplino la definizione di forza maggiore o di hardship, possibilmente accompagnate da una lista di eventi espressamente ritenuti rilevanti dalle parti (soprattutto con riferimento alla forza maggiore) e che disciplinino termini e modalità di comunicazione dell’evento alla controparte e i connessi effetti (i.e. esonero da responsabilità per il ritardo, sospensione dell’esecuzione, adattamento del contratto, risoluzione).
 
Restando in tema di forza maggiore, potrà, inoltre, certamente agevolare il compito della parte onerata la circostanza che questa ottenga una qualche certificazione da parte di soggetti terzi dell’evento determinativo dell’impedimento. Anzi, non di rado le FMC prevedono espressamente che la parte colpita dall’evento ottenga un simile attestato da un ente terzo. Ad esempio, con riguardo alla pandemia da COVID-19, il China Council for the Promotion of International Trade ha rilasciato più di tremila force majeure certificates. Tali certificati, privi di per sé di efficacia oltre i confini della Cina continentale, sono stati emessi con lo scopo di facilitare il ricorso da parte delle imprese cinesi alle clausole di forza maggiore presenti in contratti internazionali da queste stipulati.
 
Analoghi certificati potranno essere rilasciati in lingua inglese da parte delle competenti Camere di Commercio alle imprese italiane con riferimento a contratti con controparti estere: questo è quanto il Ministero dello Sviluppo Economico ha diramato in una recente circolare a Unioncamere, CCIAA e Associazioni imprenditoriali.
 
Va ribadito che siffatte attestazioni non assicurano il riconoscimento della forza maggiore, ma possono favorire il fruttuoso ricorso alla FMC. Certamente, in questo contesto di estrema magmaticità, deve essere assegnato grande rilievo alla choice of clause per l’approccio profondamente diverso che i vari ordinamenti riservano agli istituti esaminati (soprattutto rispetto agli effetti spiegati sul contratto dal sopraggiungere di una situazione di force majeure o di hardship). È bene che le parti siano ben orientate non solo nella scelta della legge chiamata a governare il contratto, ma anche verso punti di riferimento generalmente riconosciuti a livello internazionale, quali i Principi Unidroit, la CISG o le ICC force majeure and hardship clauses.
 
La fondamentale rilevanza di questi strumenti, infatti, è apprezzabile quantomeno con riferimento a due momenti: (i) in un momento anteriore, quali validissimi punti di partenza per la redazione di FMC o di hardship clauses ben concepite; (ii) in un momento successivo, quale linee guida a cui ispirarsi per orientare i propri comportamenti al verificarsi di eventi eccezionali, anche in assenza di espresse pattuizioni in tal senso o in presenza di pattuizioni deficitarie.
 
E’ opportuno, infine, precisare che la valenza di quanto sin qui detto va circoscritta ai contratti già conclusi alla data di emersione della pandemia, perché per le parti sarà ragionevolmente più agevole allegare e provare il requisito della imprevedibilità dell’impedimento.
 
Per tutti questi rapporti, è opportuno che le parti ne operino un’attenta revisione, volta a verificare:
– se essi contengano una FMC o una hardship clause;
– in caso affermativo, se tali clausole rechino, o meno, una lista di eventi e se tale lista sia da ritenersi (o meno) esaustiva o meramente esemplificativa;
– se, dunque, la pandemia da COVID-19 e/o i connessi provvedimenti della pubblica autorità possano configurare forza maggiore o hardship, alla luce delle pattuizioni contrattuali;
– quale sia la legge regolatrice del contratto perché, in assenza di indicazioni contrattuali, dovranno applicarsi i rimedi generali previsti dall’ordinamento giuridico di riferimento;
– se la FMC o la hardship clause preveda termini e modi per la denuncia alla controparte della propria incapacità/impossibilità di adempiere o della sopravvenuta eccessiva difficoltà/onerosità della prestazione.
 
Operata tale revisione, le parti, auspicabilmente seguite da professionisti di fiducia, dovranno agire di conseguenza, tenendo sempre presente che, pure in assenza di specifiche previsioni contrattuali, i principi generali impongono obblighi di reciproca cooperazione e di informazione tempestiva.  
 
7. RAPPORTI CONTRATTUALI INTERNAZIONALI PROSPETTIVE FUTURE POST COVID-19
 
L’argomento riguardante l’impatto della pandemia da COVID-19 e delle misure di contenimento e confinamento adottate dai singoli Stati sugli scambi e sul commercio è uno dei principali temi affrontati durante questi mesi.
 
Anche chi scrive ha già affrontato il tema, con particolare riguardo ai rimedi che l’ordinamento giuridico italiano mette a disposizione delle parti per far fronte agli effetti che la pandemia potrà avere sulla loro capacità di adempiere alle obbligazioni assunte. Il rinvio va, quindi, all’articolo «L’impatto della pandemia da COVID-19 sui rapporti contrattuali pendenti e i possibili rimedi: la prospettiva italiana tra codice civile, volontà delle parti e clausola “semi” moratoria di cui all’art. 91 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”)»
 
Per quanto concerne le prospettive future, gli eventi di questi giorni hanno reso oltremodo chiara l’importanza di alcune variabili da tenere bene a mente nel momento della negoziazione di un contratto: il contenuto di una FMC, piuttosto che di una hardship clause, è destinato a giocare un ruolo fondamentale nel momento dell’insorgenza di circostanze straordinarie, capaci di incidere in maniera significativa sulla capacità delle parti di adempiere o di alterare in modo rilevante l’originario equilibrio del sinallagma.
 
Il wording è essenziale, così come è essenziale che queste clausole siano cucite su misura per la natura del rapporto e per le esigenze delle parti.
 
È bene che le parti siano correttamente orientate nella scelta della legge chiamata a governare il contratto, ma anche verso punti di riferimento generalmente riconosciuti a livello internazionale, quali i Principi Unidroit, la CISG o le ICC force majeure and hardship clauses.
 
La fondamentale rilevanza di questi strumenti, infatti, è apprezzabile quantomeno con riferimento a due momenti: (i) in un momento anteriore, quali validissimi punti di partenza per la redazione di FMC o di hardship clauses ben concepite; (ii) in un momento successivo, quale linee guida a cui ispirarsi per orientare i propri comportamenti al verificarsi di eventi eccezionali, anche in assenza di espresse pattuizioni in tal senso o in presenza di pattuizioni deficitarie.
 
Un corretto governo del momento sub (i) è, però, nodale – e certamente auspicabile – perché premessa indispensabile per una più lineare gestione dalla fase sub (ii). Come recita il noto detto, meglio prevenire che curare, soprattutto quando pochi, ma pur sempre imprescindibili e delicatissimi, accorgimenti sono sufficienti.  
Alessio Carosi

Alessio Carosi