L’imposta di registro tra forma e sostanza del contratto

Decreto del Presidente della Repubblica 26/04/1986 n. 131.
 
Articolo 20
Interpretazione degli atti.
 
1. L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi. 
Comma modificato dall’articolo 1 , comma 87 , lettera a) della Legge 27 dicembre 2017, n. 205:
 
«Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 20, comma 1:
1) le parole: « degli atti presentati » sono sostituite dalle seguenti: « dell’atto presentato»;
2) dopo la parola: « apparente » sono aggiunte le seguenti: « , sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi »;
 
1. Contesto normativo
 
Il perimetro normativo è quello dato dall’art. 20 del D.P.R. 131/86 il quale, nella precedente formulazione testualmente prevedeva: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
 
Questa formulazione ha sempre portato l’Amministrazione Finanziaria e gran parte della giurisprudenza ad interpretare la norma in ottica antielusiva, con conseguente applicazione dell’imposta di registro sulla base della causa reale del negozio, della volontà delle parti e degli effetti finali raggiunti a seguito dell’ esecuzione delle obbligazioni contratte.
 
Si è quindi sempre cercato di dare impulso alla ricerca della reale volontà delle parti al di là del tenore letterale dell’atto da registrare. Perciò coerentemente, parte la dottrina sosteneva che, al fine di ricercare tale reale volontà, si potesse far utilizzo anche dei criteri ermeneutici dettati dall’art. 1362, secondo comma c.c. secondo cui:
“Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”, legittimando perciò una sorta di valutazione sugli effetti economici prodotti dall’atto stesso.
 
2. Un caso specifico
 
Un caso specifico può aiutarci a comprendere meglio il punto di vista dell’AdE secondo la normativa nel testo previgente.
La venditrice, nell’ottobre del 2010, presentava al Comune la richiesta di costruzione di un nuovo fabbricato, previa demolizione di quello esistente.
Nel settembre 2011 l’immobile è stato venduto ad una società.
La compravendita è stata assoggettata ad imposta di registro con l’aliquota del 7%, essendo il rogito riferito a vendita di fabbricato. Sette giorni dopo la vendita la società acquirente ha richiesto al Comune il cambio di intestazione della pratica edilizia intestata alla venditrice, con voltura a suo favore.
Poco dopo il Comune ha rilasciato alla società acquirente permesso relativo alla costruzione di un nuovo edificio residenziale di sei alloggi, previa integrale demolizione di quello esistente. Alla luce dei fatti così come descritti, l’Ufficio ha notificato ad entrambi (acquirente e venditore in qualità di coobligati solidali) avviso di accertamento e liquidazione dell’imposta di registro con cui ha contestato la natura dell’atto di compravendita di fabbricato, riqualificandolo, invece, come compravendita di terreno, e così rettificando la tassazione operata sull’imponibile con l’applicazione dell’aliquota dell’8% anziché del 7%.
La sentenza 7 gennaio 2019, n. 47 della CTR Emilia Romagna – Bologna, accogliendo l’appello dell’Ufficio, ha riformato la sentenza di primo grado sul presupposto di una corretta applicazione dell’art. 20 DPR n. 131/1986.
Ha stabilito, infatti, che l’intento dei contraenti fosse quello di compravendere un terreno anzichè un fabbricato e, conseguentemente, ha ritenuto legittima la pretesa dell’Amministrazione finanziaria. Nel motivare la propria decisione, i giudici sono entrati nel merito della questione affrontata sostenendola, altresì, con una costante giurisprudenza di legittimità espressasi in tal senso. Infatti, sono partiti dall’assunto secondo il quale “l’intento reale concreto perseguito dalla parti fosse quello di procedere alla compravendita di un terreno edificabile”, hanno sostenuto il predetto assunto con un richiamo all’art. 1362 (comportamento delle parti utile all’interpretazione del contratto), ed infine lo hanno consolidato facendo un’attenta analisi dei fatti accaduti.
Hanno citato, infatti, la circostanza che a distanza di una settimana dal rogito di acquisto fosse stata volturata la richiesta di demolizione del fabbricato per ricostruirne uno totalmente diverso dal primo. Ciò appaleserebbe, secondo la CTR, il fatto che il reale oggetto della compravendita fosse il terreno e non il fabbricato.
Altri elementi di conferma alla reale volontà di volere acquistare un terreno piuttosto che un fabbricato venivano desunti dal fatto che la società acquirente avesse ad oggetto proprio la costruzione e rivendita di immobili che è ciò che, in effetti, è stato poi realizzato.
Elemento dirimente al fatto che non potesse trattarsi di compravendita di fabbricato era comprovato, secondo i giudici, infine, dal fatto che la comune operazione (di demolizione del fabbricato e nuova costruzione) fosse iniziata già prima della vendita, allorquando la venditrice aveva presentato richiesta di demolizione.
 
3. La giurisprudenza di legittimità
 
La decisione in commento è stata suffragata da diverse sentenze della Suprema Corte che, nel trattare fattispecie “assolutamente sovrapponibili” a quella trattata, ha così argomentato: “la immediata richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile al posto di quello vecchio poi demolito ha oggettivamente dato luogo a una vendita di terreno edificabile…..oggetto dell’accertamento è infatti non già “il valore di compravendita del terreno”, ma appunto gli effetti oggettivi della compravendita… a cagione delle istantanee richieste di concessione edilizia e di demolizione del vecchio stabile” (Cass. n. 24799/2014).
 
Ancora citando la Corte di Cassazione (Cass. n. 12294/2015, Cass. n. 16983/2015 e Cass. n. 313/2018), i giudici emiliani hanno stabilito che dovesse essere valutata la causa in concreto del negozio e ciò ha portato a ritenere che oggetto del negozio fosse stato il terreno e non il fabbricato che risulta dopo demolito.
 
4. La novella all’art. 20 del D.P.R. 131/86
 
Il più volte citato art. 20 del DPR 131/86 è stato da ultimo novellato con la legge di Bilancio 2018 (art. 1, comma 87 lett. a) L. n. 205/2017 ed ha la seguente formulazione: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.
 
Tale nuova formulazione impedisce agli Uffici una riqualificazione dell’atto sulla base di collegamenti negoziali o elementi extratestuali.
 
Orbene, a parte la mancata invocazione della novella da parte dei difensori, i giudici, intervengono a escludere l’efficacia retroattiva della novella a seguito del recente intervento della Cassazione che, con sentenza n. 4407/2018, ha stabilito, in maniera chiara che “non ha natura interpretativa, ma innovativa, in quanto introduce limiti all’attività di riqualificazione della fattispecie precedentemente non previsti: ne deriva che tale disposizione non ha efficacia retroattiva e, pertanto, gli atti antecedenti alla data della entrata in vigore della stessa continuano ad essere assoggettati all’imposta secondo la disciplina contemplata dal detto art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 nella previgente formulazione”.
 
Ne deriva che solo dal gennaio 2018 (data di entrata in vigore della novella) è impedita all’Ufficio la riqualificazione dell’atto registrato sulla base di elementi extratestuali o di collegamenti negoziali.
 
5. Conclusioni
 
La sentenza in commento, così come il richiamo operato alla sentenza della Cassazione sulla natura innovativa del novellato art 20 citato non vanno esenti da critiche.
Per quanto concerne quanto stabilito dalla Cassazione con la citata sentenza n. 4407 v’è da sottolineare che la relazione illustrativa alla novella prevedeva: “La norma introdotta è volta, dunque, a definire la portata della previsione di cui all’art. 20 del DPR n° 131/86 al fine di stabilire che detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all’atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalla parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici collegati con quello da registrare. Non rilevano, inoltre, per la corretta tassazione dell’atto, gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte”.
 
Ora, il senso di tale relazione è sicuramente quello di porre fine ai dubbi che la precedente formulazione dell’art. 20 poneva. Stabilire, così come la Suprema Corte ha fatto, la irretroattività della norma appare non condivisibile alla luce della novella operata. Per quanto concerne, invece, la fattispecie analizzata, i giudici, per giungere alla decisione presa, individuano la reale volontà delle parti nella compravendita del terreno anziché del fabbricato.
Addirittura costituirebbe una prova di tale volontà il fatto che la venditrice avesse avviato la pratica di demolizione con richiesta di nuova costruzione prima della vendita. Orbene, a ben vedere, la società acquirente oltre che al terreno ben poteva essere interessata proprio alla possibilità di demolizione del vecchio fabbricato con permesso di costruirne dei nuovi avvalendosi di una pratica edilizia già avviata.
Ed ecco che, vista in questo modo, la reale volontà delle parti potrebbe essere ravvisata non nella cessione del terreno, così come statuito dai giudici della sentenza indicata, ma nella possibilità, già fattiva, di poter realizzare dei nuovi fabbricati.  
gianpaolo Carnevale Avvocato Picozzi Morigi

Giampaolo Carnevale

Associato